giovedì 20 maggio 2010

Finisce che sono sempre disponibile per gli "altri", e poi con le persone che ho più vicine sono inaffidabile.

Mio fratello aveva bisogno di me mentre avevo staccato tutto per quel po' di lavori domestici che intendevo fare nello scampolo di tempo rimasto Domenica; una, dico una, volta in cui aveva bisogno di me, IO NON C'ERO.
Mio cugino tiene un blog intrigante, e io che mi sorbisco tonnellate di pagine per lavoro riesco a leggerlo una volta su tre.
Non trovo mai il tempo per andare a salutare l'ultima sorella di mia madre.

E non menziono i miei figli, sballottati perché mamma non c'è mai (e il suo stipendio è comunque inferiore alla media europea, nazionale e regionale).

Forse aveva ragione il vecchio detto: prima i tuoi, e gli altri quando puoi.

E poi Facebook mi sta venendo a noia: mi piace l'immagine di me/noi che esce dal profilo, una somma di luoghi comuni tipo Pochi Ma Buoni e Il Mondo è Bello Perché è Vario; ma odio questi dannati tre gradi, che a mio vedere non sono di separazione ma di avvicinamento, anche a Jack Lo Squartatore.

Va bene, ho una brutta giornata. E non so se, come dice Mirko, Dio ascolta gli Slipknot, ma di certo oggi non ascolta me.

giovedì 13 maggio 2010

Posata.
Cerebrale.
Disponibile.
Rassicurante.

Attento: per natura, sono una che rovescia i tavoli e sbatte le porte, e non so quanto questa immagine buonista potrà reggere...

Solare.
Equilibrata.

Sì, come no.

Laura, Michela, Simona e Cecilia: mi mancate da morire, e non siete neanche su FB.
Penso a tutti gli anni trascorsi insieme, prima al liceo e poi all'università, in città, al mare, in montagna, in Inghilterra...quante vigilie di Natale, quanti Ultimi dell'Anno, a quante tavole ci siamo sedute, e quanti panini di fortuna...su quante strade e spiagge siamo passate... Prima a piedi e in bici, poi in auto: e alla radio, non so bene perché, c'erano sempre i Police: Don't Stand So Close To Me, De Do Do Do De Da Da Da, Every Breath you Take, King of Pain...
Cantavo Vasco Rossi, e voi ridevate fino alle lacrime della mia versione di Colpa d'Alfredo. Ci raccontavamo le trame dei film e dei romanzi fino a notte fonda, e una volta che avevamo paura dormimmo in cinque in un letto a due piazze.
Ogni volta che ci sentiamo, ancora adesso, ci accorgiamo di essere legate malgrado la distanza (e una di noi è oltreoceano, al momento). Siamo ancora una sorta di famiglia: con i nostri figli o non figli, matrimoni divorzi vedovanze, con i nostri gatti e i nostri casini, siamo ancora fedeli le une alle altre come se ce lo fossimo giurato tanto tempo fa.
...Che voglia di una giornata in Versilia insieme a voi.

Intanto Margherita ha deciso che basta, vuole trovarsi un fidanzato serio e non quest'agonia con l'eterno indeciso sposato. Fiamma invece ha fatto pace con le figlie, ma il tipo poco raccomandabile continua a frequentarlo alla chetichella.

Belle le mie amiche: ad averne, zia, ho imparato da te.

Oggi mi ha sorpassato una Suzuki Vitara nera, con alla guida una donna elegante: capelli neri raccolti in una coda e grandi occhiali da sole. Per un istante ho sussultato di gioia: lo sapevo che ci avevi presi tutti in giro, che quel corpo (così simile ai passerotti dal capo penzoloni seppelliti nel bosco da bambina), lasciatomi fra le mani perché lo vestissi, non poteva essere tuo...

Poi ho ricordato che la tua Suzuki era andata distrutta in quell'incidente in galleria.
Poi ho guardato quel viso: un'estranea.

E' stato solo un istante; ma in quell'istante di illusione ti ho ritrovata.
Da un po' di tempo l'Italia mi ricorda l'Irlanda: l'economia traballa, piove sempre e in giro ci sono un sacco di pecore. Ma niente arcobaleni, e niente folletti.
Lo Stato italiano sembra sull'orlo del trapasso.

Mio fratello ha commentato che morire è necessario per poter rinascere, ma dato che non sono buddista né indù, la cosa non mi consola: non credo nella reincarnazione, nella metempsicosi.

E poi se lo Stato italiano dovesse reincarnarsi, con tutto quello che ha sulla coscienza dovrebbe per contrappasso farlo in una forma di vita MOOOOLTO primitiva.

Che so, un paramecio...?

mercoledì 12 maggio 2010

Immagina che la vita sia un percorso in montagna.

Dove sono io ora la cima è passata, e con essa le peggiori insidie: le vertigini nel guardare in basso dai ponti mobili, il fondo scivoloso, i crepacci, i sassi sotto ai quali si annidano le vipere.

Tu invece, oltrepassato l'altopiano verde dell'infanzia a malincuore, hai appena iniziato la salita: davanti a te stanno, a ogni passo, pericoli senza numero come fili d'erba. Ma anche arcobaleni a tradimento quando non ci speri più; laghi più chiari dei tuoi occhi ti compariranno sul cammino proprio nel momento in cui hai smesso di cercare l'acqua; raggi di sole all'improvviso ti sfioreranno le guance insieme a petali dai colori incredibili … E di colpo scoprirai, come William Blake, che l'universo sta in un granello di sabbia, l'eternità in un'ora e l'infinito nel palmo di una mano.

… Scusa se a volte il ruolo che ci ingessa impedisce di dire le cose più vere: nel giorno del tuo compleanno ho saputo offrirti solo luoghi comuni benpensanti. Che Pinocchio non torna sempre indenne dal paese dei balocchi lo sapevi da te.

Volevo dirti, invece: non è vero che i professori vedono solo dei numeri, quelli dei voti, al posto degli alunni.

Volevo dirti, quel tuo banco vuoto mi dà una stretta al cuore ogni volta che entro in classe, e spiegando Milton o Hawthorne mi chiedo ancora cosa diresti tu. Sì, lo so che non intervieni volentieri : l'esibizionismo saccente non ti si confà; ma, quando ci sei, il tuo sguardo intelligente e il modo in cui prendi appunti (quasi di nascosto, come se mostrare che un argomento ti interessa ti scocciasse) parlano per te. Ti sei perso anche l'Amleto: ti sarebbe piaciuto, sai...?

Volevo dirti, non è vero che studiare non serve a niente, a me ha salvato la vita: se l'adolescenza è come il morbillo, c'è chi la prende piano che quasi non te ne accorgi, e chi la prende forte che manca poco ci lasci le penne; la mia è stata di quelle tempestose, con la febbre alta e moltissime bolle. Hannah Arendt ha scritto che la saggezza viene in vecchiaia solo a quelli che, da giovani, non sono stati né saggi né prudenti; e tu, di questo passo, prometti di diventare un pozzo di saggezza nell'età matura, ma sarebbe meglio arrivarci tutti interi e senza troppe catastrofi.

Volevo dirti, non lasciare la scuola: la musica è bellissima, non saprei vivere senza, ma non puoi puntarci tutto; conosco troppa gente acchiappanuvole che si è persa, e ha distrutto la propria vita – perchè, sai, quando sei dal mio lato della montagna si vedono le cose con un certo realismo antipatico e un po' materialista. Non lasciare la scuola non vuol dire necessariamente “questa” scuola, anche se non ho capito perché ad un tratto hai deciso che non ti piaceva più. Puoi tornare o ricominciare: sei ancora dal lato del cammino in cui sono ammesse le false partenze e i percorsi fuori pista. Se hai scoperto che un altro indirizzo di studio (che so, il Linguistico o lo Psico-pedagogico) ti piace di più, rimboccati le maniche, e coraggio: senza quello non andrai mai da nessuna parte. Ma gettare la spugna, per come ti conosco, non è da te. E il fatto che insieme alla spugna getti via tre anni di vita, e il tuo notevole intelletto, la tua sensibilità per la letteratura e per la bellezza (ricordi quando alla National Gallery avete fatto tardi per guardare i dipinti...?) mi fa infuriare.

Volevo dirti... scusa per queste parole indiscrete. Ma dal mio lato della montagna il tempo scorre veloce, e non ne va sprecato neanche un istante.


domenica 9 maggio 2010

Ho fallito. Nel giorno del suo sedicesimo compleanno, non sono riuscita a convincere uno dei miei alunni più brillanti e sensibili, che lasciare la scuola per suonare in una rock band è una cazzata di quelle che rischiano di rovinarti a vita.

"Tu cerchi sempre di salvare il mondo", mi rimproveri.

Certo che è difficile avere sedici anni, l'età in cui legalmente si interrompe l'obbligo scolastico.

Ero una ribelle, a quell'età, ma abbastanza nei canoni; le ribellioni serie, le rivoluzioni, sarebbero venute mooooolto dopo.
A sedici anni avevo tre ragazzi: uno mi annoiava, uno mi intrigava, uno una volta mi ha dato uno schiaffo alla stazione (quiz: indovinare, prego, quale ho sposato...?). Ma giocavo soltanto, avevo la testa piena di letteratura e di pessima musica pop, e gli occhi pieni del riflesso del mare in un giorno sereno.
Erano gli anni in cui, in quest'angolo di mondo privilegiato, credevamo che il peggio fosse alle spalle, che non ci sarebbe mai stata un'altra guerra, che l'economia si sarebbe espansa all'infinito.
La sera in cui compivo sedici anni, tornando a casa da una festa in cui mi ero divertita molto (tanto da dimenticare i miei atavici problemi con la matematica), trovai una collana, un filo d'oro di tre colori, e un mazzo di sedici rose rosa. Ero felice, in quell'età dell'incoscienza.

Forse la scuola, che per me era un rifugio, è lentamente degenerata da far schifo con tutte queste barriere da codice deontologico e burocrazia soffocante. Forse ha ragione quel mio collega rompiballe e idealista, il quale ci esorta in collegio dei docenti a chiederci COME MAI questi ragazzi dotati e brillanti se ne vanno, e viene zittito a male parole perché l'argomento non è all'ordine del giorno.

Vorrei pensare, come in una fiaba, a un lieto fine, di quelli in cui credevo a sedici anni: magari quel mio alunno fonderà la rock band di cui sentiremo parlare di più nel prossimo decennio, e allora io e sua madre rideremo dei nostri timori...

sabato 1 maggio 2010

Primo maggio a occuparmi di casa gatti piante, e dato che non uso i guanti ho capito il significato visivo dell'espressione "avere il pollice verde" (anche un po' marrone, e screpolato, per quello).

I nostri gatti hanno un nuovo amico, con gli occhi verdi e il manto tigrato grigio scuro. Quando la mattina apro la porta lo trovo lì: mi guarda e miagola, accpando dentro l'àndito col capino . Credevo fosse fame, malgrado l' aspetto ben pasciuto, ma ho fatto la prova con delle frattaglie, e niente; così ogni giorno gli rispondo nel mio limitato modo umano, sperando che apprezzi almeno la buona volontà. Mio padre dice che è un brutto gattaccio stradarolo, ma a noi sembra bellissimo: sarà che i bambini e i cuccioli ci sembrano tutti belli..?
Ieri il figlio grande, accarezzandolo, l'ha scoperto pieno di zecche. Abbiamo deciso che in settimana faremo il trattamento disinfestante anche a lui.

Ho un raffreddore persistente, e quel sapore in bocca di quando ti tirano sott'acqua tuo malgrado. Ascolto, soffiando via la polvere dalle custodie, i Pink Floyd. Mother dopo tanto tempo cambia significato. Ecologia, pacifismo, e le solite accuse alle madri. A tua madre, come se questo scusasse tutto; come se, per dirne una, i padri non avessero uguali responsabilità, anche nei casi di infanticidio, di chi brandisce fisicamente il coltello. Spiego il testo ai figli: quello grande mi ascolta, rapito, e so che ricorderà; quello piccolo ascolta per un po', poi sbuffa e va a prendere il cd portatile con dentro Daniele Silvestri.

Il mondo visto fuori dal cancello della scuola elementare è un giardino di piccole teste come corolle variopinte, di occhi limpidi minuscoli laghi, di grembiuli e giacchine multicolori, di zaini come gusci chiocciole che sbilanciano le gambette corte; di voci piccine, risate e pianti per chi si attacca alla mano della mamma, e non vorrebbe entrare.

mercoledì 28 aprile 2010

Trovata l'auto tonfàta sotto scuola.
Nessuno ha visto o sentito niente, e sì che dev'esser stato un bel botto. Il comando dei vigili a due passi sembra servire solo a prendere multe più frequentemente che nei parcheggi distanti.

Clo in risalita, sarà la primavera.
In compenso Mizio è in crisi perché il suo ragazzo non ha voluto partecipare a una cena con le ragazze: ha detto, più o meno, che si sentiva troppo impegnato, legato, oppresso; insomma, il tipico maschio.

Mi fabbrico spiegazioni probabilmente del tutto infondate per i tuoi ostinati silenzi e la mia voglia di piangere; ma intanto:

Immaginate una commedia in cui uno dei protagonisti è un ricco signorotto con la passione delle belle donne. Sua moglie soffre, le corna le pesano un tantino, e vorrebbe farlo curare perché il marito non le sembra in sé. Spunta una delle amanti del tizio in questione, incazzatissima: il signorotto le aveva promesso un ricco dono che poi non le ha dato; la ragazza mette su un bel casino, in quanto il ricco signore aveva dato la sua parola, e così non si fa.

L'ennesima satira antiberlusconiana...? Macché: è La commedia degli errori di Shakespeare.

martedì 20 aprile 2010

Ieri la maestra del figlio grande ha portato i suoi alunni fuori dal recinto della scuola, in giro per il paese. Non so se ci fosse dietro un progetto didattico, o una qualche forma di accordo con la Dirigente Scolastica, come ora si chiamano i presidi: è una maestra con gli occhi ribelli, e dimostra trent'anni anche se fra poco andrà in pensione.
In questi cinque anni, con la sua collega, ha insegnato a ventiquattro pulcini spennacchiati come si sta a scuola, e al mondo.
Ha raccolto lacrime e dentini caduti dai musetti cuccioli. E' stata ad ascoltarli, e loro hanno imparato ad esprimersi.
Ha insegnato loro che la matematica è un gioco meraviglioso, che la musica e il disegno sono linguaggi come le parole; che i bruchi se ci stai un po' dietro possono trasformarsi in farfalle, che dai semi nascono le piante (e qualche volta anche i bambini), che se non si va d'accordo con un compagno bisogna parlarne tutti insieme, invece di prendersi a pugni. Ha insegnato verità fastidiose come sassi: per esempio che in guerra si muore.
Ha fornito scintille di libertà e giustizia, travestendole da compiti per casa. Ha parlato con loro di cose piccole come formiche, e di quelle grandi grandi, che pesavano più degli zaini sulle spalle piccine.
Quando mio figlio ha dovuto mettere gli occhiali, la maestra gli ha detto che era bellissimo, e lui tutto fiero li ha accettati nella sua vita senza problemi né complessi.

Ha fatto scoprire i fiori di campo, e le api, e le mucche e i cavalli in fattoria a questi bambini che a tre anni sapevano già usare il cellulare ma non avevano mai visto una gallina viva.

E ieri ha fatto loro un altro regalo: un pallone colorato dei Cuccioli Cerca Amici perché l'educazione motoria fatta così, in un prato, è tutta un altro mondo.
Un dono speciale in più, oltre agli altri impagabili che ha sparso senza parere sul loro cammino.

...Spero che la scuola sia sempre, per te, un luogo di realizzazione e fiducia come gli occhi zingari di questa maestra; che il suo sorriso ti segua negli anni, figlio che sta crescendo come l'ulivo piantato da nonno per te quando sei nato.

mercoledì 7 aprile 2010

Autobiografia integrale di Agatha Christie, un mattone in hard cover + cd audio che a Gatwick ha contribuito ad appesantirmi la valigia.
Leggo i passi relativi alla fine del suo primo matrimonio, quando Archie Christie la molla per una attraente segretaria ben più giovane che vedeva ogni fine settimana con la scusa del golf. Agatha si autoaccusa di avergli fatto pesare il proprio dolore per la morte della madre, e di aver quindi cessato di essere per lui una compagna divertente. In più era ingrassata, e le stavano imbiancando i capelli.
Leggo, e m'incazzo di brutto: POSSIBILE CHE GLI UOMINI NON SIANO IN GRADO DI CONFORTARE NEMMENO UN CRICETO ?? Possibile che per noi (female gender) sia scontato essere lì a prendersi cura di tutti e di tutto, a sacrificarci come L'Angelo Del Focolare (quello che secondo Virginia Woolf andava ucciso tirandogli un calamaio), E SENTIRCELO PURE RINFACCIARE???

Ilaria ha tentato invano, anni fa, di spiegarmi la necessità di essere sanamente cattive: le brave ragazze vanno in paradiso, le altre dappertutto, viva la donna senza cuore, etc; avrei bisogno di qualche ripetizione, Ila, si può...? In diverse piazzole di assortiti distributori di benzina, io che di solito ingoio, vomito sui cliché mentre la pioggia e la notte mi colpiscono a raffica.

Poi sogno che siamo sulla spiaggia della nostra infanzia: io, mio fratello, i bambini e il cane, allo stesso ombrellone di allora.
La nostra era una versilia alternativa, per niente chic, da età dell'innocenza: fatta di panini insabbiati mangiati sulle sdraio sotto la canicola, di partite a palla avvelenata nella spiaggia libera dove prima c'era la colonia estiva "La Romanina"; di corse a perdifiato e nuotate nell'acqua ancora trasparente; di aquiloni e canzoni al juke box che costavano 50 lire; di felpe per uscire la sera in bicicletta, di tramonti in technicolor e uragani improvvisi; di partite a rubamazzo e acrobazie agli anelli; di gelato una volta alla settimana, del babbo che passava le giornate a potare la siepe; di gerani, salvia, rosmarino respirati spingendo il dondolo con le ballerine ai piedi.
Eppure, "quei giorni passati a rincorrere il vento" (il fatto che citi De André fa capire quanto sia caduta in basso) sono rimasti per noi inarrivabili. Ci torniamo con la mente quando tutto il resto crolla, quando ti spingono giù nel fango.
Whatever gets you through the night...


Ora chiudo (e vado in cerca di un calamaio).

mercoledì 31 marzo 2010

Se la scuola italiana è un ammortizzatore sociale, hai più probabilità di essere assunto certificando problemi psichiatrici che con un dottorato in fisica delle particelle alla Sapienza: diventi "riservista", categoria protetta, e scavalchi le graduatorie; con buona pace della meritocrazia. I risultati si vedono.
E gli stipendi dipendono solo dall'anzianità, non dalla competenza, dalla professionalità, dai titoli -quisquilie! Dove sono finiti i progetti sulla carriera dei docenti, sulla differenziazione e sulla valutazione del servizio...? Ho colleghe che stanno per andare in pensione avendoli attesi invano per quarant'anni.
Il divario fra "noi" e il personale ATA, con la scarsità di fondi odierna, si sta acuendo drammaticamente. Una squallida guerra fra poveri, in cui però una parte dei poveri ha una laurea, e magari un dottorato e varie specializzazioni. Ogni tanto mi sento addosso l'espressione-sopracciglio.alzato alla Rossella O'Hara tipica di mia nonna, nel ribattere fredda "Prendo ordini solo dal Dirigente, non da una segretaria". Mi sto antipatica da sola, ma c'è una mediazione possibile...? Ultimamente nei corridoi della mia scuola ci vorrebbero i caschi blu, come fra Israeliani e Palestinesi.


Hanno telefonato da Bologna: la Ausl vuole una liberatoria per la mia silloge su Grazia; la useranno in un lavoro di scrittura-terapia che coinvolge psicologi, malati terminali e le loro famiglie: onorata.
Mi manca ogni giorno, a volte così tanto che mi scendono le lacrime. Non ho ancora imparato a stare senza di lei.
La cosa che mi manca di più di mia nonna è la sua risata, e i profumi (i crostini di fegato, l'arrosto, ma anche Dior e l'odore del mare sulla pelle abbronzata); di Grazia, le pause meditabonde all'interno di un discorso: tacendo muoveva le dita eleganti, e dall'espressione del viso capivi cosa pensava, e cosa stava per dire, anche se non ne sentivi la voce controllata dalla dizione perfetta.
A volte ho l'impressione che questi anni (già quattro) siano solo una di quelle pause.


lunedì 29 marzo 2010

Annuale viaggio d'istruzione con due classi al seguito: alba e tramonto sul mare sotto un cielo Cézanne; paura e risate a notte fonda, e l'alunna che trema come una foglia ogni volta che la interrogo adesso mi sorride; escursioni: camminare camminare camminare; serata in discoteca, dove da sempre i duri non ballano; National Gallery: spedizione di ricerca per due alunni del gruppo ribelle perché - incantati da tanta bellezza - avevano dimenticato di guardare l'ora; scoprire la dolcezza da pulcino della prima della classe, così aggressiva dal banco; spingendo una sedia a rotelle ritrovo la gioia di correre a perdifiato: corriamo nel parco del castello di Bodiam, io e un'alunna che sembra una libellula; i gruppi: le Miss, le Chicche, gli Alternativi, Quelli dell'Oratorio ("E lei, prof, com' era alla nostra età...?"), ma vedere che i ragazzi sanno prendersi cura gli uni degli altri, superando barriere differenze incomprensioni, molto meglio di noi "grandi".
Al ritorno scopro che:
  • Il figlio piccolo ha rotto gli occhiali
  • Il figlio grande ha perso il flauto
  • Il gatto nero ha la cistite
  • Il gatto rosso non si ricorda più di me
  • qualcuno di loro ha vomitato dietro la tenda del soggiorno
  • è arrivata una sventagliata di bollette
Di mio ci aggiungo una gomma spaccata dell'auto (ho preso lo spigolo di porfido del marciapiede, nel tentativo di dribblare il consueto ingorgo di fronte alla scuola privata), e i lavori di casa che si accumulano perché non ho neanche il tempo di disfare la valigia che già sono a scuola tutto il giorno, tutti i giorni.
Venerdì serata politicamente impegnata con due mie ex alunne: quando ho preso quella classe ero molto giovane, e dopo un quinquennio di avventure ci siamo ritrovate amiche. Sono fiera di ogni loro passo, di ogni loro pensiero.
Vado a votare fra i primi, e stavolta voto col cuore.
In lista c'è una delle amiche più care, e mentre tengo la matita la mano mi trema: penso agli esami preparati insieme all'università, al gruppo femminista che avevamo fondato (la nostra bacheca, viola, era vicina a quella dei Cattolici Popolari, a quella degli studenti di sinistra e a quella degli studenti di destra: ci staccavano i manifesti a turno, concordi nel trovarci pericolose), alle manifestazioni, alle feste, alle interminabili discussioni politiche ed esistenziali di fronte a un caffé o un bicchiere di vino (anche due). Penso alla sua storia familiare e personale; al suo coraggio, alla sua ironia.
...E voto piena di fiducia, anche se a questo giro molta gente si è sdata e non è "affluita alle urne".

giovedì 4 marzo 2010

Per portare i figli a scuola devo percorrere una stradina stretta in centro storico, a ridosso delle mura medioevali, e passare davanti a un istituto privato con megagiardino e megapalestra, ma nessun parcheggio.
Davanti vi staziona, dalle otto alle nove di mattina, un serpentone di SUV, BMW e Mercedes che attendono di trovarsi esattamente di fronte al megacancello per fermarsi e scaricare il pupo: non sia mai che i piccoli utenti della scuola privata (e le loro madri) percorrano un tratto di strada a piedi. E noi comuni mortali, nelle utilitarie e nei furgoni, silenziosamente in coda, come se non dovessimo a nostra volta andare a lavoro e accompagnare i figli a scuola.
Stamani ero in ritardo (non facile trovare su due piedi dove piazzare bambino con repentina influenza), e pioveva forte. La pantomima davanti alla scuola privata offriva una variante: ogni mamma fermava l'auto, apriva la bauliera, prendeva l'ombrello, apriva lo sportello del pargolo e accompagnava il pargolo oltre il megacancello, fino al megaportone (non sia mai che una goccia di pioggia sfiori etc etc.) per il gaudio dei comuni mortali in fila.
Noi della scuola pubblica invece crediamo nell'ecologia: parcheggiamo a debita distanza e proseguiamo a piedi. I nostri bambini hanno gli zaini in spalla, o li trascinano sulle rotelle; in mano reggono precari ombrelli pieghevoli da riporre in cartella dopo l'uso, che alla prima folata di vento forte si rovesciano dispettosi in su come funghi capovolti. Varcano il cancello (sorvegliato dai volontari della Pubblica Assistenza, i bidelli non ci sono più) e proseguono traballando su per la collina, solepioggianeve.
In questa Italia dove il feudalesimo sembra non sia mai finito, dove la legge non è uguale per tutti, dove solo pochi osano parlare di diritti ( e lo pagano caro insieme alle loro famiglie) sulle teste di quei bambini ci sarà sempre qualcuno che regge un ombrello.

domenica 28 febbraio 2010

Domenica al Museo del Risorgimento e della Resistenza: i "terroristi" che diventano "martiri", come sempre, perché la Storia la scrive chi vince; e non una parola su quello che successe dopo lo sbarco degli alleati, perché come dice John Lennon (ma a modo suo anche Zanotelli) le donne sono i veri negri del mondo.

Clo a pezzi, i suoi figli a pezzi. C'era una volta un mondo in cui i genitori si volevano bene per tutta la vita, e i bambini di otto anni potevano attraversare da soli il paese per comprare il pane anche se era buio...

venerdì 26 febbraio 2010

C.detto "Giorno Libero", pomeriggio:
Convocata telefonicamente da Maestra Figlio Piccolo, rovisto fra i sacchetti dei rifiuti organici della mensa scolastica, dove detto F.P. ha abbandonato l'apparecchio per i denti. Mio padre fruga in un saccone ancora aperto, io in uno già chiuso. Mentre ravano fra tonnellate di farfalle al pomodoro intatte, nauseabondi pezzi di pollo biascicaticci e banane sppiaccicate, tento di inviare telepatici messaggi a Margherita, che per carità lasci perdere. Diligentemente avvolto in un tovagliolino di carta, fra bocconi di mela verde sputacchiati, rinvengo l'apparecchio. Bene (ma stasera mi sente, quello!!).

Saputo in contemporanea della morte di un diplomatico italiano in Afghanistan, e di una ragazza diversamente abile qui a due passi.
Da bambina leggevo "Piccole donne"pensando a lei e alle sue sorelle: quella bella e saggia come Meg, quella maschiaccio come Jo, quella malata come Beth.
Come mai mi sembra che il suo sorriso sempre gentile con tutti facesse per la Pace quanto e più del diplomatico...?
C.detto Giorno Libero, mattina:
1)Dopo divisione certosina del bucato (bianchi, cotone; bianchi, sintetici; bianchi, lana; colorati, sintetici; colorati, cotone; tappetino con vomito gatto; stracci molto sporchi; tappetino con vomito bambino, secco), realizzo che non abbastanza panni per caricare nessuna specifica lavatrice. Mescolo tutto; tanto c'è l'acchiappacolore, no...? No: tappetino Ikea regala un'ardita tinta glicine alle magliette di lana dei bambini e alla mia camicia buona. Posso sempre spacciarla per volontaria adesione al popolo viola.
2) Mentre pulisco cucina e rifaccio camere, chatto a intervalli con fratello, Clotilde e Valentina. Miei prolungati silenzi dovuti a scope e stracci scambiati per profondi momenti di riflessione. Bene.
3) Corretto due pacchi di compiti. Alunno sostiene che padre "is a carpet": nel dubbio se errore di vocabolario, o percettiva descrizione del ruolo paterno in famiglia contemporanea.



giovedì 25 febbraio 2010

Accompagnato prole al cancello della scuola. A metà salita si voltano entrambi: uno per controllare che sia ancora lì a salutarlo con la mano, uno per valutare se riesco ancora a vederlo dietro la curva, così può correre.
Provato nuovo prodotto anticaduta dei capelli, per ora con risultati poco apprezzabili.

Stanotte ho sognato che avevamo ricomprato la piccola casa al mare della nostra infanzia.
Clotilde si separa.
Fine del periodo "ognuno fa la sua vita, ma viviamo insieme per i figli". A volte ci raccontiamo storie che non convincono noi per primi.
E poi che fatica una doppia vita. Come non bastassero i casini di una sola: colazione, rifare i letti, fuori i gatti e la pattumiera dell'organico, di volata con i figli a scuola, lavoro lavoro pausa pranzo lavoro, la spesa, in ritardo dai figli a scuola (dove infilo la macchina??? Meno male che l'ho scelta "perché entra dappertutto"...), il telefono il telefono il telefono, i figli a musica-piscina-danza, lavastoviglie lavatrice fornelli (AIUTO...! IL FILO INTERDENTALE VA NEL MULTIMATERIALE O NELL'INDIFFERENZIATO...?), panni da stendere panni da piegare, la lettiera dei gatti...! compiti e zaini (SMETTI DI TIRARE CALCI A TUO FRATELLO!), cena, figli a letto, e il dilemma amletico: prendo un po' di tempo per me, o crollo addormentata...? Troppo facile: comincio a russare prima ancora di sfiorare il cuscino.
Per le single, e le single-di-ritorno, gestire una storia avventurosa è meno complicato: infatti Margherita, Perla e Fiamma si vedono da mesi, o addirittura da anni, fra prendi e lascia, con altrettanti padri di famiglia (i quali, nella total mancanza di fantasia maschile, sgattaiolano con il pretesto del pokerino, del calcetto, della riunione a tarda sera, e vanno a unirsi all'esercito dei veri o presunti separati in casa che affollano le balere il venerdì).
A Perla va benissimo così: professionista affermata, ha l'agenda fitta di impegni, e una bellissima casa in cui anche gli strofinacci esprimono la sua spiccata personalità; se Diego le proponesse di trasferirsi da lei, troverebbe che stona con le tende del soggiorno. Margherita è più combattuta: vorrebbe avere un figlio ("prima che sia tardi", dice, funerea), ma lui non ne vuole sapere. Fiamma, invece, sulla soglia dei cinquanta sta vivendo intensamente una estemporanea adolescenza all'insegna del recupero di sé. Le sue giornate sono eclettiche, le serate frenetiche, il suo appartamento un porto di mare in cui amiche e compagni di lotta politica contano di trovare cibo piacevole, buon vino e ottima conversazione a tutte le ore; solo con le figlie adolescenti sbuffa, gonfia d'insofferenza e di rancore a parti invertite.
Quello che so è che per Clotilde, prima del distante orizzonte della rinascita, c'è da attraversare un bel po' di dolore: lasciare la casa, spiegare ai figli, consuetudini da sradicare, suppellettili e amici divisi a metà, sogni a brandelli, valige; un piccolo mondo inghiottito dal cosmo.


Oggi in classe leggevo il passo da Jane Eyre in cui lei risponde a Rochester "Avrò cura di me stessa ... ho rispetto per me".
In questo spaziotempo di igieniste dentali/veline candidate alle elezioni, che neanche in un film di Totò, le parole di una austera zitella vittoriana mi sono sembrate rivoluzionarie come una dichiarazione d'indipendenza.


...come Robinson Crusoe sull'isola deserta...

... comincio oggi, 25 febbraio 2010, a tenere questo blog perché:
1) sono stufa di perdere in giro i quaderni
2) il blog mi dà un confortante senso di impermanenza
3) si può scrivere mentre mangi un kit-kat
4)varie ed eventuali